Aids : il male dimenticato

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Se ne sentiva parlare in maniera frequente, l’Aids è stato il male degli anni 80 e degli anni 90, la paura del contagio, aveva condizionato tutta una serie di comportamenti di natura sessuale e non solo, nel quotidiano delle persone. Tuttavia oggi, sembra improvvisamente una sorta di male dimenticato. Come si sviluppa questa malattia che indebolisce il sistema immunitario fino al punto di renderlo inefficace? Quindi la persona che ne è affetta, immunodepressa, sviluppa una fragilità tale, da non riuscire più a combattere in maniera efficace le infezioni che progressivamente attaccano il nostro organismo. Dopo una fase iniziale di scarsa conoscenza della malattia, la ricerca ha fatto passi da gigante, riuscendo a comprendere meglio i meccanismi che governano questa malattia, al punto tale da riuscire a elaborare, delle cure efficaci in tal senso.

Cosa sappiamo ad oggi di questa malattia? Come ha modificato i comportamenti sociali delle persone? In che modo la ricerca è riuscita ad elaborare delle cure in tal senso efficaci? Cominciamo col dare una definizione corretta di questa forma patologica, partendo dal suo significato specifico. Si parla in tal senso, di sindrome da immunodeficienza acquisita, intendendo il tal senso, una malattia che colpisce e rende inefficace in maniera radicale, il normale funzionamento del sistema immunitario.

Cosa accade esattamente quando ci si ammala di Hiv? In pratica la patologia, interagisce direttamente con il nostro sistema immunitario, rende meno efficace la sua azione, al punto tale che le persone che ne sono affette, sono più fragili, e per questo specifico motivo, sono più soggette a sviluppare infezioni, e anche patologie di natura tumorale.

Siamo quindi più fragili e attaccabili dagli agenti patogeni che arrivano dall’esterno, perchè le difese immunitarie che solitamente costituiscono una barriera efficace, non funzionano come dovrebbero. La progressione della malattia è tale per cui, il livello di fragilità aumenta con l’evolversi della patologia? Si, un soggetto che si ammala di Hiv, è destinato nel corso del tempo, a diventare sempre più fragile, e quindi si può ammalare in maniera sempre più frequente, anche per forme infettive di modesta entità, che in condizioni normali, potrebbe affrontare e sconfiggere tranquillamente.

Modalità di trasmissione

Come avviene esattamente la trasmissione di questa malattia? Il primo veicolo di contagio, sono sicuramente i rapporti sessuali, soprattutto se non sono protetti, ci sono poi le trasfusioni di sangue per pazienti ammalati di altre patologie, che necessitano di sangue. Un altro canale di trasmissione, è quello legato alla gravidanza, quindi una madre che ha contratto l’Hiv, è in grado di trasmetterlo al proprio figlio.

Si tratta di una malattia, che ha dei costi sociali notevoli, in alcune zone del mondo, è un problema di natura sanitario molto grande e in alcune zone, il suo processo di diffusione è tale, da essere considerata a tutti gli effetti un evento di natura pandemica. Si può guarire dall’Aids? Ad oggi, le cure e i trattamenti che grazie alla ricerca scientifica sono stati sviluppati, sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia e in alcuni casi di bloccarla.

I farmaci che vengono utilizzati per curare l’Hiv sono efficaci, ma hanno anche un costo elevato, soprattutto in paesi poveri, dove l’accesso a queste terapie non è per nulla semplice, motivo per cui, si cerca di puntare alla prevenzione, con opportune campagne informative che evidenziano i rischi di trasmissione della malattia, se si hanno rapporti di natura sessuale non protetti.

Da dove nasce la malattia

La storia dell’Hiv presente nell’uomo, parte da alcuni primati (scimmie) che erano infetti e avevano una sindrome da immunodeficienza acquisita nella zona dell’Africa. Si parla di persone che hanno partecipato ad attività specifiche nel continente africano, legate a caccia di scimmie e a traffico di pelli di questi primati. In seguito al contatto con questi animali, hanno contratto questa forma di Hiv.

A livello mondiale, la malattia fu riconosciuta per la prima volta nel 1981, nella città di Atlanta, dove emersero cinque casi molto particolari di polmonite, localizzati in cinque uomini omosessuali. Ricordiamo tra le vittime illustri di questa malattia il celebre cantante Freddie Mercury, che morì all’inizio degli anni 90 di questa malattia. Dal 1995 in poi, in termini di ricerca e di farmaci commercializzati, venne messa in circolazione la prima terapia efficace che combatteva e neutralizzava la sintomatologia mortale del virus.

Questa malattia, copisce in maniera più specifica, determinati ceppi di popolazione rispetto ad altri? Si, ad esempio negli Stati Uniti si è visto che il contagio si diffonde maggiormente in donne di origine africane. La malattia ha un grado di diffusione maggiore, nelle grandi città metropolitane e in California.

Un altro dato interessante, riguarda tutte le persone che lavorano nel settore sanitario. Il rischio per queste tipologie professionali, di contrarre il virus per fattori di esposizione è in realtà estremamente basso. Ovviamente se si parla di paesi con un livello di ricchezza elevato, nei paesi in via di sviluppo, purtroppo sia per una mancanza di attenzione al problema, sia una carenza di procedure mediche legate a comportamenti corretti, il rischio di contagio è invece piuttosto elevato.

Come si comporta questo virus

Parlando dell’Hiv, dobbiamo per prima cosa mettere in evidenza il suo comportamento. Infatti quello che causa è la comparsa di infezioni di natura cronica, alle quali il sistema immunitario non riesce a dare una risposta adeguata. Se non trattate, queste forme infettive evolvono, al punto tale da costituire elementi fatali per la sopravvivenza stessa dell’individuo.

Nel corso del tempo, l’Hiv è stato correttamente classificato in base a due ceppi specifici: si parla infatti di Hiv 1 e Hiv 2. Questi ceppi hanno un livello di diffusione legato al territorio dove sono presenti. Nel caso del primo ceppo, la sua diffusione è principalmente legata a paesi come l’America e Europa, mentre per il secondo ceppo i paesi maggiormente colpiti sono l’Africa, in particolare quella occidentale.

Quali sono le cellule che vengono colpite dall’azione dell’Hiv? Si parla di una tipologia specifica di linfociti definiti CD4+. La loro funzione all’interno del sistema immunitario è molto importante. Si occupano di volta in volta, a seconda del tipo di infezione che cerca di attaccare il nostro organismo, di attivare le misure difensive idonee.

Nonostante quello che si possa pensare, in realtà il virus dell’Hiv, non ha un livello contagioso elevato, perchè avvenga la sua trasmissione, serve un contatto con sangue infetto, o tramite rapporti sessuali attraverso lo sperma. Tuttavia è anche bene dire che la trasmissione del virus tramite sangue infetto, avveniva prima dell’immissione sul mercato di un test Hiv, che potesse determinare quali persone avevano il virus e quali no.

Si parla quindi di casi legati a persone che magari dovevano subire un trapianto di organi, e relativa trasfusione di sangue. Non essendoci ancora un test attendibile, veniva immesso nel loro corpo sangue infetto che li faceva ammalare. 

Rapporti sessuali

Serve molta attenzione, soprattutto quando si parla di rapporti sessuali. Infatti, ad oggi, la maggior parte dei nuovi contagi avviene tramite rapporti sessuali non protetti con partner occasionali. Possono essere sia tra eterosessuali che omosessuali. La fase di  penetrazione, rende molto semplice il contagio, soprattutto con lo sperma che ha una capacità infettiva molto più elevata. In questo senso, l’utilizzo del contraccettivo, abbassa di molto la percentuale di rischio, perchè si basa sul principio di evitare un contatto diretto tra le organi genitali e le loro secrezioni.

Tuttavia, ci sono anche delle variabili da considerare, legate all’approccio che i due partner, hanno in termini di sesso. Se infatti utilizzano pratiche sessuali, che non comportino la penetrazione, il rischio di contagio si abbassa notevolmente. Non si può escludere a priori, tuttavia si ritiene che le probabilità di un contagio tramite rapporti sessuali non basati sulla penetrazione, siano molto bassi.

Fasi del parto e contagio

L’Aids, si può invece trasmettere da madre a figlio, in modi differenti. Il primo è legato al sangue, tramite il cordone ombelicale. Oppure si può avere nella fase dell’allattamento. Se trattato in questa fase, con gli opportuni farmaci e utilizzando come prassi per il parto, il taglio cesareo, il rischio viene quasi del tutto annullato.

Visto che si parla di livelli di concentrazioni elevati, in base ai quali il virus trova il suo canale di diffusione, serve fare un ulteriore specifica in tal senso. L’Hiv che si può trovare nell’urina, nelle lacrime e nella saliva, si presenta con un livello di concentrazione più basso, per questo motivo, il rischio di trasmissione è considerato molto basso, a tutti gli effetti trascurabile.

 

Come si comporta il virus

Il virus segue una precisa strategia, una volta entrato nella cellula, grazie ad alcuni specifici enzimi presenti nella sua struttura, riesce a creare una sorta di integrazione tra il proprio genoma e quello della cellula nella quale è riuscito a penetrare. Come si chiamano gli enzimi coinvolti in questa fase? Vengono definiti integrasi.   

Il virus in pratica adotta una strategia di “camuffamento” all’interno della cellula, fondendosi efficacemente con il suo dna, al punto tale da diventare pressochè invisibile sia alle difese del sistema immunitario, sia alle terapie farmacologiche. Una volta che si è insediato all’interno della cellula, e si è mascherato, può decidere di rimanere latente, o dare inizio a una fase di replicazione. Se si attiva in un secondo momento, inizia a far produrre alla cellula il proprio Rna (acido nucleico virale) e le proteine. 

L’Rna e le proteine si fondono all’interno della cellula in manieta tale da formare dei virioni. I nuovi virioni poi vengono espulsi dalla cellula e immessi nel sistema circolatorio. Le terapie farmacologiche puntano infatti a evitare questo processo replicativo, non agiscono quindi sul virus stesso ma sul suo processo replicativo.

Suddivisione dell’infezione

All’epoca, l’infezione venne suddivisa in tre stadi specifici che adesso andiamo a vedere:

  1. Nel primo stadio, l’Hiv, ha un livello di diffusione e replicazione notevole. Tuttavia è anche una fase che non necessariamente coincide con la replicazione del virus, in tutte le cellule infettate. Una parte, vengono utilizzate come dei veri e propri serbatoi dove il virus camuffa la propria struttura, fondendo il proprio Rna con il Dna della cellula e garantendosi una sopravvivenza tale, da non essere attaccabile da difese immunitarie o farmaci
  2. La fase due prevede una risposta immunitaria che arriva con tempistiche comprese tra le 2 e le otto settimane, riducendo quindi il livello di carica virale. Questa fase, definita anche di latenza, dove le persone sono sieropositive può avere una durata di alcuni anni. La replicazione è in corso ma incontra le difese immunitarie. Tuttavia, nel corso del tempo i linfotici che ospitano il virus, vengono progressivamente deterioriati dall’azione replicativa del virus, al punto tale da essere distrutti e questo compromette anche la capacità di costruirne di sani che sostituiscano quelli compromessi   
  3. Nella terza fase, purtroppo il livello di carica virale del virus acquista sempre maggiore forza, e il livello di linfociti scende talmente nell’individuo, da non riuscire più a costituire difese immunitarie adeguate anche dall’azione di agenti patogeni non particolarmente pericolosi.

Si possono sviluppare quindi una serie di patologie che attaccano l’organismo dell’individuo quali la polmonite, la tubercolosi. Si possono sviluppare anche patologie di natura neurologica quali la toxoplasmosi. Anche in questa fase molto critica, i farmaci che vengono somministrati, che tendono a inibire il meccanismo replicativo del virus, hanno la possibilità di modificare lo stato di salute dei malati. Persone con stadi piuttosto marcati di immunodeficienza in atto per la replicazione del virus, sono riusciti a recuperare un buon livello di linfotici.

Come si effettua la diagnosi

La diagnosi dell’Aids, si effettua principalmente, tramite la valutazione oggettiva dei sintomi e attraverso specifici esami di laboratorio quali il test dell’Hiv. Purtroppo ad oggi, data la complessità del virus, non è stato possibile produrre un vaccino che sia in grado di debellare il virus dall’organismo che lo ospita. Si agisce con la somministrazione di specifici farmaci in grado di rallentare o bloccare la fase di replicazione del virus, all’interno del corpo.

La terapia non cura la malattia, ma punta a ridurre la virulenza della fase di replicazione, riducendone così i sintomi e dando la possilità al paziente, di recuperare un livello minimo di linfoiciti. Quindi migliora la qualità della vita del paziente, al punto tale che nei paesi in cui la terapia farmacologica viene prescritta, il virus non è più considerato una condizione mortale, ma una malattia cronica.